Signore e Signori,
sono lieto di darvi il benvenuto alla prima conferenza annuale del Comitato europeo per il rischio sistemico, il CERS. Oggi e domani ci attende un ricco programma, che riflette il valore del CERS in quanto istituzione. Il Comitato riunisce i responsabili delle politiche. Vi partecipano 80 istituzioni, ognuna specializzata nella propria area di competenza. Questa diversità costituisce la nostra forza. Il CERS si trova in una posizione privilegiata per acquisire una visione olistica del sistema finanziario europeo, per comprendere rischi e sfide a livello generale che i nostri membri farebbero più fatica a cogliere individualmente.
Condividere conoscenze e competenze permette anche un efficace coordinamento delle politiche. Il CERS rappresenta un centro di informazione per l’attuazione delle politiche macroprudenziali per le banche e una sede di dibattito su tali politiche, incluso il loro impatto transfrontaliero e la possibile esigenza che trovino rispondenza in altre giurisdizioni.
Data la sua particolare prospettiva intersettoriale a livello di Unione europea, il CERS ha incentrato la sua ricerca sulle sfide rappresentate dalla struttura del sistema finanziario europeo e sulle opportunità e sui rischi che emergono dai cambiamenti in atto in tale struttura. In questo contesto vorrei evidenziare due tematiche: l’entità dell’overbanking in Europa e la crescita del settore non bancario.
L’overbanking in Europa
Due anni fa il Comitato scientifico consultivo (CSC) del CERS pubblicò il rapporto dal titolo Is Europe overbanked?. Esso rilevava che, nei due decenni precedenti, il settore bancario era cresciuto eccessivamente rispetto ai mercati dei capitali. Alla fine degli anni ’90, il rapporto fra le attività bancarie totali e la capitalizzazione di mercato in azioni e obbligazioni private in Europa era inferiore a due. Nel 2008 era salito a quattro. Per contro, nello stesso periodo è rimasto inferiore a uno negli Stati Uniti e a due in Giappone.
Le banche svolgono un ruolo essenziale nel finanziamento alle piccole e medie imprese, che sono una parte fondamentale dell’economia europea. Questi fondi devono continuare ad affluire verso i progetti produttivi se vogliamo che l’Europa prosperi. Il credito bancario tende però a essere prociclico: mostra una crescita troppo rapida nelle fasi di espansione economica e una brusca riduzione nelle fasi di contrazione. Di conseguenza, sulla scia della crisi finanziaria, nei paesi con sistemi finanziari a prevalenza bancaria la crescita economica resta indietro rispetto a quelli con sistemi più equilibrati.
Il messaggio politico è chiaro: è meglio finanziare l’economia reale utilizzando diversi canali piuttosto che uno soltanto. I mercati dei capitali in particolare possono rivelarsi un’utile “ruota di scorta”. Per questo motivo il CERS sostiene appieno l’unione dei mercati dei capitali, che ha lo scopo di rimuovere le barriere allo sviluppo di tali mercati.
La rimozione di queste barriere promuoverà i cambiamenti nella struttura del sistema finanziario in Europa. Di fatto i mercati dei capitali e le altre fonti di finanziamento esterno non bancario sono cresciuti rispetto alle banche. Questa crescita dovrebbe migliorare l’accesso delle imprese al finanziamento e fare in modo che eventuali perdite siano distribuite in modo più ampio.
La bassa redditività delle imprese
Come rilevato nel rapporto del CSC, in Europa l’overbanking contribuisce anche alla situazione attuale di bassa redditività delle banche. Una serie di ragioni è stata addotta per spiegare la bassa redditività, fra cui il livello contenuto dei tassi di interesse. I tassi di interesse reali a lungo termine scendono da due decenni nelle principali economie avanzate. Il cambiamento tecnologico, l’evoluzione demografica e la scarsa disponibilità di attività sicure costituiscono solo alcuni dei fattori che esercitano spinte al ribasso sui tassi reali a lungo termine. Anche la politica monetaria accomodante della Banca centrale europea e delle altre principali banche centrali, adottata nel rispetto del mandato di mantenere la stabilità dei prezzi, ha contribuito al basso livello dei tassi di interesse.
I tassi di interesse contenuti tendono a comprimere i margini di interesse netti a causa della rigidità verso il basso dei tassi sui depositi bancari. Ma l’overbanking concorre anche alla situazione attuale di bassa redditività delle banche. L’eccesso di capacità in alcuni settori bancari nazionali e la conseguente spinta concorrenziale accentuano questa compressione dei margini. Ciò vuol dire inoltre che il settore non opera sulla frontiera efficiente, che è uno dei motivi per cui il rapporto costi/ricavi rimane elevato in alcuni paesi.
Al tempo stesso le banche traggono beneficio dalle rivalutazioni dei loro portafogli di strumenti a reddito fisso. Inoltre, la redditività è stimolata dal maggior flusso di prestiti e dai minori accantonamenti a fronte di perdite creditizie rispetto a quelli che vi sarebbero stati in assenza di un orientamento monetario accomodante. Analisi condotte dalla BCE sembrano indicare che tali effetti sono di norma superiori all’impatto sul margine di interesse nel breve periodo, seppur con una certa eterogeneità a seconda dei modelli di business delle banche. Nel quadro più ampio del generalizzato eccesso di capacità e della diffusa innovazione tecnologica, alcune banche dovranno rivedere i rispettivi modelli imprenditoriali per rilanciare la redditività.
In questo contesto, altre istituzioni finanziarie vedono messi a dura prova i loro modelli di business. In particolare le istituzioni che forniscono garanzie di rendimento a più lungo termine – e nello specifico le compagnie di assicurazione del ramo vita che offrono prodotti con rendimenti garantiti – hanno di fronte un futuro di debole redditività se non adatteranno il loro modello di business alla realtà in trasformazione. La politica macroprudenziale può aiutare a promuovere la capacità di tenuta collettiva di queste istituzioni e a rafforzare il quadro di risanamento e di risoluzione.
I rischi sistemici in settori diversi da quello bancario
Vorrei ora illustrare i lavori del CERS sui rischi sistemici in settori diversi da quello bancario. In un contesto in cui il ruolo delle banche nell’intermediazione finanziaria continua a ridursi a vantaggio di soggetti non bancari, il nostro quadro di riferimento per le politiche deve adeguarsi di conseguenza. È necessario individuare i rischi di questa migrazione e sviluppare strumenti per attenuarli.
Alla luce di tali considerazioni, in luglio il CERS ha pubblicato il suo primo rapporto annuale EU Shadow Banking Monitor. Il rapporto mette in luce una serie di aree di attenzione, tra cui i crescenti squilibri di liquidità, soprattutto in alcuni fondi obbligazionari. Una misura degli squilibri di liquidità per i fondi aperti è la quota di attività illiquide sulle attività totali: 38% nel primo trimestre del 2015 per i fondi obbligazionari, rispetto al 26% di sei anni prima. In tale contesto, il CERS ha deciso di approfondire l’analisi dei rischi sistemici derivanti dagli squilibri di liquidità e dalla leva finanziaria nei fondi di investimento.
Il rapporto segnala inoltre l’elevata interconnessione tra gli operatori bancari e il settore bancario ombra, in particolare i fondi comuni monetari (FCM). Circa due terzi delle attività totali degli FCM sono riconducibili a intermediari bancari e sono costituiti principalmente da titoli di debito. L’interconnessione è stata un elemento fondamentale alla base della raccomandazione del CERS che prevede per gli FCM l’adozione di un valore patrimoniale netto variabile, anziché costante, nonché il rispetto di obblighi di informativa e requisiti di liquidità rafforzati.
La politica macroprudenziale in settori diversi da quello bancario
Più in generale, il CERS esamina i nessi tra i diversi settori e le diverse aree geografiche del sistema finanziario. Quest’analisi trasversale informa l’elaborazione e la calibrazione della politica macroprudenziale nei settori diversi da quello bancario. In tal modo, l’attività di ricerca mirata migliora la qualità delle politiche, rafforzando la capacità di tenuta del sistema finanziario.
Il CERS ritiene che l’ordinato funzionamento e la tenuta sistemica dei mercati degli strumenti derivati possano trarre beneficio dall’obbligo che i contratti standardizzati negoziati fuori borsa siano compensati a livello centrale e negoziati in mercati regolamentati o su piattaforme elettroniche, in conformità con gli impegni presi dal G20 nel 2009. L’obbligo di compensazione a livello centrale imposto per la prima volta dall’UE è entrato in vigore a giugno di quest’anno per alcuni derivati sui tassi di interesse e sarà esteso gradualmente ad altri tipi di operazioni. Il CERS segue da vicino gli effetti di quest’obbligo sulla domanda di garanzie reali e sulla struttura di rete e pubblicherà prossimamente i risultati di queste analisi.
Il CERS, inoltre, ricopre un ruolo guida nell’attività di ricerca sui nuovi strumenti di politica macroprudenziale nei settori diversi da quello bancario. Uno degli strumenti allo studio è l’utilizzo macroprudenziale dei margini e degli scarti di garanzia obbligatori. Fissare margini e scarti di garanzia in un’ottica conservativa o anticiclica può contribuire infatti a contenere l’aumento eccessivo della leva finanziaria. Oltre all’azione di contrasto, requisiti sui margini e sugli scarti di garanzia possono anche rafforzare la stabilità finanziaria attenuando le spirali di illiquidità. Ciò assume particolare importanza se si considera che uno squilibrio tra domanda e offerta di liquidità potrebbe amplificare o trasmettere gli shock attraverso il sistema finanziario.
Conclusioni
Per concludere, fin dalla nascita del CERS l’Europa ha consolidato il proprio quadro di regolamentazione, vigilanza e gestione delle crisi. Il Comitato ha contribuito alla creazione di un complesso strumentario di politica macroprudenziale per le banchecontinuando a coordinarne la calibrazione. Ciò ha consentito al sistema finanziario europeo di accrescere la sua capacità di tenuta e di assorbimento delle perdite.
Una delle altre caratteristiche del sistema finanziario è la sua adattabilità. Se da un lato la capacità di adattarsi rappresenta un punto di forza nell’affrontare le sfide poste dal contesto attuale, dall’altro impone ai responsabili delle politiche di mantenere un atteggiamento vigile. È per questo che il CERS ha sempre messo in guardia dai rischi dell’inerzia. La politica macroprudenziale è ancora nella fase iniziale di applicazione ed è comprensibile che le autorità competenti procedano con cautela nel ricorso a nuovi strumenti. Ma dinanzi al manifestarsi di rischi sistemici è necessario agire, perché dall’inerzia derivano rischi maggiori.
Nell’ascoltare gli interventi della conferenza, vi invito dunque a considerare le implicazioni per la politica macroprudenziale in un panorama mondiale in evoluzione, interrogandovi sull’adeguatezza dell’orientamento della politica macroprudenziale e sull’efficacia degli strumenti a nostra disposizione. Le vostre osservazioni e riflessioni saranno la conferma del valore aggiunto che solo il CERS può dare: promuovere l’incontro, lo scambio di competenze e il coordinamento delle azioni di policy, con l’obiettivo comune di ridurre il rischio di crisi finanziarie.
Pertanto, sono lieto di dare inizio ai lavori della prima conferenza annuale del Comitato europeo per il rischio sistemico (CERS).